Alla II^ Sezione Giurisdizionale di Appello della C.C. Centrale
Doppia Conferma dell’Art. 54 T.U. 1092/1973

Alla II^ Sezione Giurisdizionale di Appello della C.C. Centrale<br/>Doppia Conferma dell’Art. 54 T.U. 1092/1973
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Doppia Conferma all’Articolo 54 Testo unico 1092/1973

Di significativa importanza è la recentissima doppia conferma dell’art.54 T.U. 1092/1973, avvenuta ad opera della II^ Sezione Giurisdizionale in Appello della Corte dei Conti Centrale, con la Sentenza nr. 197/2019, pubblicata il 5 giugno u.s. e con la Sentenza n.208/2019 pubblicata ieri 14 giugno, con le quali il Giudice del Gravame ha respinto rispettivamente gli appelli dell’INPS avverso la sentenza nr.57/2018 della sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria ed avverso la sentenza nr. 446/2018 della Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia.
Con le due statuizioni, il giudice del gravame “ha ribadito il diritto all’applicazione dell’art. 54 TU 1092/73 in favore dei militari ricorrenti (Un Maresciallo aiutante del Corpo della Guardia di Finanza ed un Appuntato Scelto dei CC), collocati in quiescenza con il sistema misto (Con oltre 34 anni di servizio il primo ed oltre 37 anni il secondo) e che al 31.12.1995 avevano maturato almeno 15 anni e non più di venti anni di servizio utile (Nel primo caso anni 15 e mesi 9 e nel secondo caso anni 17 mesi 3 e gg. 11).
Le decisioni, con la quale la II Sezione Centrale di Appello ha confermato, reiterandolo, un indirizzo che aveva già chiaramente anticipato, anche se in forma indiretta, con altra sentenza (la nr. 61/2019 pubblicata il 4.3.2019), si aggiungono oggi a quella conforme presa dalla I^ Sezione Centrale con la sentenza n° 422/2018 dell’8 novembre 2018, dando origine ad un consistente, anche se non ancora definitivo orientamento interpretativo sulla questione…
Sul punto, infatti, “l’itinerario nomofilattico orizzontale delle Sezioni Centrali”, ha percorso i due terzi del cammino e manca ancora di una pronunzia conforme da parte della III^ Sezione Centrale, necessaria per poter raggiungere il requisito giuridico della definitività interpretativa, vincolante per tutti i giudici di primo e secondo grado, fatti salvi diversi profili ermeneutici.
Ne consegue che i giochi non sono ancora fatti e che è necessario attendere la decisione della III^ Sezione, prima di essere certi del consolidamento dell’orientamento interpretativo.
Quindi, il nostro Studio, a seconda dei casi, nella veste di ricorrente, di appellante o di appellato, prosegue e proseguirà nella sua battaglia giudiziaria che lo ha visto, permettete l’autoreferenzialità, antesignano in Italia nel sostenere il ricorso ex art. 54 TU 1092/1973.
Altro profilo di fondamentale importanza della sentenza in commento, sta nel fatto che la II^ Sezione, aderendo all’interpretazione del GUP della Calabria, ha sciolto ogni incertezza riguardo alla percentuale dell’aliquota da applicare per i conteggi, aliquota che ha fissato nella percentuale del 2,93% annuo. Denunciando, in tal modo, non solo l’erroneità della tesi sostenuta dall’INPS (2,33% all’anno per i primi 15 anni a cui aggiungere quella di 1,80 per gli anni successivi sino al 20°) fatta propria soprattutto da alcuni GUP del Veneto, dell’Emilia Romagna, dell’Abruzzo, ma anche quella, opzionata da parte della giurisprudenza territoriale favorevole, quale per es. la Puglia, che ha ritenuto applicabile sino al 31.12.1992 la percentuale del 2,20% ( mentre altri ancora quella del 2,33% come l’INPS) per raggiungere,poi, l’aliquota del 44% stabilita dal Legislatore, per differenza riguardo al triennio 1.1.1993-31.12.1995.
Inoltre, con le statuizioni specifiche sul punto, la II^ Sezione, oltre ad aver respinto le varie tesi interpretative dell’INPS, ha inteso rimuovere ogni dubbio circa l’esistenza di un vuoto normativo in materia, assumendo come la determinazione della percentuale del 2,93% annua sia mera e piana scaturigine di una lettura letterale dei commi 1° e 2° dell’art 54 TU 1092/1973.
A tale proposito, merita richiamare testualmente quanto affermato dal giudice del gravame nella parte motiva della sentenza n. 197/2019, : “….In realtà, per l’inequivoco tenore letterale della disposizione , il 44% della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni.
Le anzianità superiori, contenute entro il limite del ventesimo anno di servizio utile, sono sostanzialmente neutre ai fini pensionistici.
Come acutamente evidenziato dal primo giudice (GUP della Calabria), volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo (35%:15=2,33%) per i primi 15 anni in conformità all’art. 44 comma 1°, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15 = 2,93%), giacchè diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal Legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44 comma 1°”.
Nel prendere atto del buon andamento giurisprudenziale della battaglia e nell’attingere dai suoi successi parziali, ulteriori elementi di convincimento per proseguirla senza mollare la presa, ci corre l’obbligo, da ultimo, di smentire alcune ottimistiche voci che circolano sui “social media”. Infatti, secondo alcuni commentatori, scarsamente attrezzati o addirittura in mala fede, con la sentenza in narrativa, sarebbe stata ormai raggiunta la nomofilachia sull’art.54 e l’INPS si starebbe apprestando, “motu proprio”, al ricalcolo delle pensioni in favore di tutti gli aventi diritto.
Nulla di più illusorio e lontano dal modus operandi dell’Ente Previdenziale.
Infatti, come abbiamo sopra evidenziato, riguardo alla definitività dell’applicazione dell’art.54, siamo solo ai due terzi del percorso ed una eventuale sentenza contraria della III^ Sezione in materia, cui punta, fra l’altro, pervicacemente l’INPS appellando tutte le sentenze a lei sfavorevoli, porterebbe inevitabilmente la trattazione della problematica innanzi alle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale della Corte Centrale in Appello. Riaprendosi in tal modo, attraverso una Questione di Massima, ogni possibile e diversa soluzione interpretativa della vicenda.
Riguardo poi, all’ipotesi di una rinuncia concordata all’appello dell’INPS o, peggio, di un suo intervento “motu proprio” per il ricalcolo delle pensioni, si entra realmente nel “fantadiritto”.
Infatti una irreale rinunzia concordata in via stragiudiziale agli appelli, oltre alle responsabilità contabili che comporterebbe per i dirigenti, contrasta inesorabilmente con le scelte dell’ENTE, che sta tentando di ribaltare gli esiti giudiziari in tutti i modi appellando tutte le sentenze dove è risultata soccombente.
Riguardo poi ad una iniziativa autonoma di liquidazione degli arretrati e di ricalcolo, essa, in primis, non sarebbe possibile, perché l’Ente non sarebbe neppure in grado di estrapolare, dalla massa dei militari e degli appartenenti ai corpi equiparati, i beneficiari che avrebbero titolo al ricalcolo; in seconda battuta, l’operazione non sarebbe neppure legittima, in quanto l’INPS, anche innanzi ad una interpretazione divenuta uniforme, può agire ex lege solo “su domanda dell’interessato”.
Pertanto, il ricalcolo ai sensi dell’art. 54 TU 1092/1973, quando sarà il momento, andrà comunque richiesto dall’interessato con qualificata e circostanziata istanza che evidenzi le condizioni soggettive e le ragioni della richiesta.

Arezzo – 17 Giugno 2019

Avv. Guido Chessa

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