Indebito e Restituzioni all’INPS
Esecuzione Sentenze Provvisorie di I° Grado –

Indebito e Restituzioni all’INPS<br/>Esecuzione Sentenze Provvisorie di I° Grado –
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Indebito e Restituzioni all’INPS
 Esecuzione Sentenze Provvisorie di I° Grado -

Anche nel nostro comparto previdenziale, ricorrono sempre più spesso casi di richieste di restituzione da parte dell’INPS, nei confronti di quei pensionati che abbiano percepito, a vario titolo e/o ragione, pensioni superiori a quanto loro realmente dovuto.
La disciplina delle restituzioni, raccolta nell’istituto giuridico dell’indebito pensionistico (oggettivo ex art. 2033 o soggettivo ex art. 2036 cc), risulta particolarmente articolata.
Infatti, il suo tessuto normativo, oltre a prevedere limiti e deroghe, investe l’origine e la riconoscibilità dell’errore o della violazione di legge, il comportamento in buona fede o doloso del pensionato, la provvisorietà o definitività della pensione, la ripetibilità o meno di quanto già percepito, termini, modalità e forme della restituzione, prescrizioni e decadenze, nonché le problematiche di natura fiscale legate al ruolo di sostituto di imposta che l’INPS riveste quale ente erogatore della pensione.
La materia, molto ampia e complessa e che ha visto in questi ultimi anni l’accrescersi di un consistente contenzioso giurisprudenziale, sarà oggetto, nel prossimo futuro, di ulteriori trattazioni in funzione dei diversi profili in cui può integrarsi l’indebito.
In questa sede, invece, interessa trattare esclusivamente il profilo del pagamento a opera dell’INPS degli arretrati (nei limiti prescrittivi del quinquennio e quindi nel massimo di 60 ratei) a seguito della maggiorazione della pensione dovuta al suo ricalcolo, in esecuzione della condanna giudiziaria di primo grado.
In tutti questi casi ed in altri ad essi similari, la sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, può essere eseguita su iniziativa del pensionato che ne attiva la procedura o spontaneamente dall’INPS, e dare corso, quindi, al ricalcolo della pensione ed alla corresponsione degli arretrati da parte dell’Ente, sempre in via provvisoria.

La formazione del giudicato

Il pagamento della pensione maggiorata dal ricalcolo con la relativa corresponsione degli arretrati, assume carattere di definitività, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Giudicato che si realizza o in caso di mancato appello della sentenza da parte dell’INPS (entro 60 gg dalla notificazione della sentenza o un anno dalla sua pubblicazione che corrisponde alla data di deposito della stessa in segreteria) oppure in caso di conferma della decisione anche innanzi alle Corti Centrati di appello o più raramente, in ipotesi di conferma dell’interpretazione favorevole al pensionato, innanzi alle SSRR in sede giurisdizionale della Corte Centrale.
In tutti questi casi, l’eventuale incremento ottenuto dal pensionato in forza della sentenza favorevole, non potrà più essere rimosso.

La pendenza del giudizio

Qualora, invece, l’INPS interponga appello contro la sentenza di I° grado, mantenendo in tal modo il giudizio pendente, il pagamento effettuato in sua esecuzione a favore del pensionato, assume il carattere anticipatorio e di provvisorietà.
Il che sta a significare che l’Ente, in caso di successiva riforma a suo favore della sentenza, a mente degli artt. 2033 o 2036 cc, dovrà richiedere al pensionato la restituzione di quanto indebitamente allo stesso corrisposto.
Inoltre, il diritto dell’INPS alla ripetizione di tale forma di indebito, è ampiamente e pacificamente riconosciuto sia dalla giurisprudenza della Cassazione che da quella Contabile, ed il suo libero esercizio costituisce ormai un principio consolidato del nostro sistema previdenziale.
Infatti, stante la provvisoria esecutività ex lege della sentenza di primo grado, non sono opponibili all’INPS né l’acquiescenza per il mancato preavviso al pensionato della riserva di appello (Cass.Civ. Sez. III^ Sent. 18187 del 28.08.2007- Corte Conti Sez. II^ Giur. appello nr. 143 del 10.4.2004; nr. 162 Sez. III^ Giur. Appello del 3.5.1996), né la mancata richiesta di sospensiva da parte dell’INPS in sede di gravame (C.C. Sez. I^ Giur. Appello nr. 371/2010), né la buona fede o il legittimo affidamento del pensionato, in quanto si versa in ipotesi di somme ancora in contestazione e sub judice e, quindi, percepite dal pensionato nella piena consapevolezza della loro provvisorietà (C.C Sez. I Giur. di appello nr. 55/2016).
Ne consegue, il principio generale che l’INPS, una volta ottenuta la riforma della sentenza di primo grado, dovrà richiedere al pensionato la restituzione di quanto indebitamente corrispostogli senza subire limitazioni, condizioni o eccezioni di sorta, e ciò dovrà fare entro il termine massimo prescrittivo di 10 anni che comincia a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza di riforma.

I problemi fiscali
Pagamento al netto e restituzioni al lordo

a) Il pagamento degli arretrati al netto delle imposte.

L’INPS, quale ente erogatore della pensione, è per legge sostituto d’imposta, per cui è deputato a versare allo Stato, sugli importi erogati al pensionato, le imposte da questi dovute secondo le aliquote fiscali di legge.
E ciò fa, prelevandone il relativo importo direttamente dal lordo pensionistico dovuto. Detta operazione contabile, viene effettuata dall’Ente con obbligo di rivalsa come espressamente previsto dall’art. 23 del DPR n. 600/73.
Inoltre, quando l’INPS, in esecuzione della sentenza di primo grado, provvede a corrispondere gli arretrati, l’importo lordo degli stessi, viene assoggettato al regime agevolato della tassazione separata, la quale si realizza applicando l’aliquota fiscale risultante dalla media degli importi imponibili risultanti dalle denunce dei redditi dei due anni fiscali precedenti.
Volendo fare un esempio esemplificativo del meccanismo descritto, possiamo ipotizzare quanto segue: “Se nell’anno fiscale 2010, sono maturati arretrati al lordo per €. 1.000,00, essi verranno assoggettati alla tassazione dell’aliquota applicabile alla media dei redditi imponibili denunciati negli anni 2008 e 2009, ed ipotizzato che l’aliquota in tal modo calcolata corrisponda al 27%, l’INPS pagherà materialmente al pensionato la somma netta di €. 730,00 (cioè l’importo lordo di €. 1.000,00 detratta l’imposta al 27% pari ad €. 270,00 = 730,00 che è l’importo netto corrisposto), provvedendo a versare per conto del pensionato nelle casse del Fisco l’importo trattenuto di €. 270,00 a titolo di imposta.
Lasciamo ora da parte il complesso meccanismo dei conguagli (neutri, a credito o a debito) che troverebbe applicazione, nell’esempio fatto, nella denuncia dei redditi del 2011 anno fiscale successivo, in quanto detti conguagli riguardano oramai solo la regolarizzazione del rapporto Pensionato-Agenzia delle Entrate (Per la tassazione definitiva degli arretrati) e nulla hanno più a che vedere con quello in precedenza avuto con l’INPS.
Quindi, seguendo l’esempio fatto, all’esito del pagamento degli arretrati, si realizza fra le parti la seguente situazione contabile:
Il Pensionato ha incassato €. 1.000,00 di cui materialmente €. 730,00 col rateo pensionistico del mese del pagamento ed €. 270,00 per imposte che l’INPS ha versato per suo conto al Fisco;
L’INPS ha effettivamente pagato €. 1.000,00, di cui €. 730,00 nette versate direttamente al Pensionato ed €. 270,00 versate al Fisco per conto del pensionato per le imposte da lui dovute sulla somma percepita.
Non va dimenticato, infine, che la corresponsione degli arretrati coincide con il pagamento della pensione maggiorata (a seguito del suo ricalcolo dovuto alla sentenza di primo grado), pertanto il Pensionato comincia a percepire, dal mese della liquidazione degli arretrati e per ogni mese futuro, una frazione maggiorata della pensione, anche questa soggetta al recupero da parte dell’Ente una volta accertato il suo indebito riconoscimento.

b) Il recupero degli arretrati al Lordo delle imposte.

In via generale è da dire che l’INPS, procedendo al pagamento degli arretrati al Netto, effettua, quale sostituto d’imposta con obbligo di rivalsa (Art. 23 DPR 600/73), la trattenuta delle imposte dovute dal pensionato che provvede a versare al Fisco, ed è obbligata, nel momento in cui richiede le restituzioni dell’indebito, ad effettuare il recupero degli arretrati al Lordo delle imposte.
Questo principio, è stabilito dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n° 71E/2008 del 29.2.2008 che richiama l’applicazione della normativa vigente costituita dall’Art. 10 comma 1° del TUIR n. 917 del 22.12.1986 come modificato dall’art. 5 D.Lgs. n. 314 del 2.9.1997, ove le restituzioni operate dal Pensionato verso l’INPS debbono essere inserite, dall’Ente erogante, fra gli oneri deducibili dell’anno fiscale in cui vengono effettuate.
Il principio che il recupero degli arretrati debba essere effettuato al Lordo, inoltre, ha trovato conferma nomofilattica in sede di appello, innanzi a tutte le Sezioni della Corte dei Conti Centrale in sede giurisdizionale con le seguenti sentenze: Sez. I^ nr. 310 e 830 del 2013, nonché nr. 1149, 869 e 867 del 2014; Sez. II^ nr. 456/2012 e 660/2014; Sez. III^ nr. 840/2013.
In particolare, la I^ Sezione della Corte dei Conti Centrale con ulteriore Sentenza nr. 55/2016, ribadendo il principio che la restituzione degli arretrati deve avvenire al Lordo dell’Irpef, così testualmente ha motivato:
L’INPS (datore di lavoro) considererà le somme restituite come oneri deducibili per il sostituito (cioè il pensionato), ai sensi dell’art. 10 comma 1° del T.U.I.R. n. 917 del 22.12.1986 e successive modifiche.
Tale disposto si fonda sulla considerazione che nel momento in cui il sostituto (cioè l’INPS) trattiene l’ammontare lordo delle somme indebitamente corrisposte, si viene a ridurre la base imponibile ai fini Irpef per un importo pari a quello delle somme che formano oggetto di recupero e , pertanto, l’originario maggiore peso impositivo, avuto dalle somme in argomento nell’anno del percepimento da parte del sostituito (cioè Il Pensionato), viene neutralizzato dall’abbattimento dell’imponibile nell’anno della restituzione.”
Cercando di tradurre in termini contabili l’articolato concetto giuridico-fiscale, possiamo ricorrere nuovamente all’esempio fatto sopra dei 1.000,00 euro di arretrati, e ciò al fine di rendere più chiaro il meccanismo che viene applicato.
Nell’esempio, abbiamo visto che l’INPS, pagando gli arretrati al pensionato, gli ha corrisposto la somma complessiva di €. 1.000,00 di cui €. 730,00 netti e di cui €. 270,00 per le imposte da questi dovute al Fisco sull’importo liquidato.
La somma di €. 1.000,00 che l’INPS ottiene in restituzione dal pensionato, viene considerata ex lege dal Fisco-Agenzia delle Entrate, come onere deducibile per l’intero importo(cioè è considerata fra quelle spese, come gli assegni per il coniuge separato-divorziato, i contributi per le badanti, i costi della previdenza complementare, l’assicurazione sulla vita, etc.etc. che possono essere detratte, per l’intero o in percentuale, dal reddito imponibile riducendone l’importo.), e dovrà, per tale ragione, essere certificata dall’Ente nel CUD relativo all’anno fiscale cui si riferisce il rimborso.
Ipotizzando, ancora, che il rimborso di €. 1.000,00 fatto nell’esempio sia avvenuto nell’anno 2018 e che in tale anno il reddito imponibile del pensionato ammonti ad €. 25.000,00, con la detrazione di €. 1.000,00 per i rimborsi fatti, esso verrà a ridursi ad €. 24.000,00. Pertanto, applicandosi a detto scaglione l’aliquota del 27%, il pensionato verrà a recuperare quell’importo di €. 270,00 che con le restituzioni aveva versato all’INPS corrispondendogli il Lordo di quanto percepito nell’anno 2010.
Si tratta, quindi, di una complessa partita contabile “di giro”, sulla quale è necessario prestare le dovute attenzioni, ma dalla quale il pensionato non viene a subire in concreto alcun danno economico.

c) Se l’INPS non certifica le restituzioni nel CUD

Qualora l’INPS, per errore o dimenticanza, non certifichi le somme ricevute in restituzione nel CUD riguardante l’anno di riferimento (nell’esempio il 2018) oppure qualora il pensionato non provveda a dedurle pur essendo state certificate, quest’ultimo, non potendo inserire, o non avendo inserito, l’importo della somma rimborsata di €. 1.000,00 fra gli oneri deducibili della sua denuncia dei redditi, sarà costretto ad avanzare all’Agenzia delle Entrate domanda di restituzione di imposta per potersi vedere restituita, nel nostro caso, la somma di €. 270,00 pagata in più (Sul punto Cass Civ. Sent. 12912 del 15.5.2019).
Attenzione. La domanda di restituzione dovrà essere avanzata dal pensionato quanto prima, in quanto è soggetta al termine decadenziale di DUE ANNI previsto dall’art. 38 DPR 602/1973 in combinato con l’Art. 21 comma 2° D.Lgs. 546/1992, il quale ultimo prevede espressamente “La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento (quello fatto dal pensionato all’INPS), ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione (Cioè dalla data di scadenza della presentazione della denuncia dei redditi in cui può dedursi il rimborso, che nel caso del nostro esempio sarebbe dalla data fissata dal Legislatore nei mesi di giugno-luglio, quale termine per la presentazione della denuncia riguardante l’anno 2018).

d) Le modalità di restituzione all’INPS dell’indebito

Anche per quanto attiene alle modalità di restituzione all’INPS dell’indebito che ci interessa, il Legislatore ha previsto, a seconda delle circostanze e dell’entità dell’importo, varie forme.


La Restituzione in Unica Soluzione.

Il pagamento degli arretrati può avvenire, ovviamente, in un’unica soluzione purchè l’adempimento avvenga entro 30 giorni dalla data della richiesta notificata per raccomandata dall’INPS.

La Restituzione Rateale.

Il pagamento rateale è disciplinato dall’art. 3 comma 134 Lett. b) della Legge 23.12.1996 n.662 come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 24.09.2015 nr. 159 con clausola di salvaguardia e completamento prevista all’art. 1° comma 262 della Legge 23.12.1996 n°662, i quali dispongono quanto segue:

1) le somme dovute sino all’importo di €. 5.000,00, possono essere versate in un numero massimo di 8 Rate trimestrali di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno di ogni trimestre;
2) le somme dovute superiori all’importo di €. 5.000,00, possono essere versate in un numero massimo di 20 Rate trimestrali di pari importo, con scadenza sempre all’ultimo giorno di ogni trimestre;
3) In entrambe le ipotesi di rateizzazione, la Prima Rata dovrà essere versata entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della richiesta di restituzione ad opera dell’INPS, inoltre, dai ratei successivi al primo sono dovuti gli interessi legali;

Clausola di salvaguardia e completamento (Art. 1 comma 262 L. 23.12.1996 nr.662).
Il testo dell’articolo, prevede espressamente: “Il recupero è effettuato mediante trattenuta diretta sulla pensione in misura non superiore ad 1/5° (un quinto). L’importo residuo (cioè quello eccedente la somma che si paga con i 20 ratei, ciascuno dei quali non può superare l’importo del quinto) è recuperato dall’INPS, sempre ratealmente e senza interessi, entro il limite di 24 mesi. Tale limite può essere ulteriormente superato al fine di garantire che la trattenuta di cui al presente comma non sia superiore al quinto della pensione”.

* * *
Con impegno a proseguire nella trattazione della tematica dell’indebito

Arezzo – 20 Giugno 2019

Avv. Guido Chessa

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